sabato 6 agosto 2016

POETICO JAZZ CALDO di Fabrizio Casapietra









 Fabrizio Casapietra: sono aspirante cantautore, narratore e poeta  genovese,  laureato in Lettere moderne, con una tesi su Plinio il Vecchio.  Ho partecipato a letture di poesia assai apprezzate alla 'Stanza della poesia' di Genova, essendo stato giudicato con ottime valutazioni da esponenti della cultura, animatori culturali, giornalisti ed artisti genovesi come Riccardo Grozio, Tina Cosmai e Giorgio Boratto, giornalista de "Il secolo XIX";  sono stato apprezzato da cantanti ormai noti a Genova, come G.Zazza e Bobby Soul. Sono recensito, anche, con ottimo apprezzamento di pubblico e critica, da "La Repubblica", "Il secolo XIX°" e "Mente locale"; scrivo canzoni e ballate pop melodiche, dolci, graffianti, ironiche, delicate. Dal vivo, ho partecipato a prestigiose letture di poesia e concerti, fra cui "Faber e la città vecchia" (centro storico, per un tributo a F.De André). Le mie canzoni-poesie si possono trovare anche sul sito:www.soundcloud.com/sassifraga1  e www.reverbnation.com/fabriziocasapietra, con testi, foto e articoli vari.


POETICO JAZZ CALDO


Sgattaiolano le note
del vibrante insistere,
per esistere sfociando: sali e scendi,
rampa, raggiungi
sfarfallii rotti: nuotano per
notti, nella scia
di un agnello scattante:
che si sbraccia in arie
di petali spigolosi, mentre
scivoli nella spuma del sax:
preda che
dileggia le corse
dei secondi, che sfondi
sipari, con un assecondare
litigi vellutati,
soffi delle tue
carezzevoli squame:
ora passeggiano ritmi,
le mani sono
entusiasmi mai estinti,
viaggi portano
infiniti sapori:
ritorni
muoiono, e
durano, e fondono
ciò che era semplicemente
sparso


LA CITTA’ VERTICALE


E’ un pezzo di pietra,
ogni tuo sussurro:
Cara Genova, vedo che rizzi
ogni tua vertebra,
per custodire nei tuoi secoli
anche le vipere:
tesori scalpitano,
luccicano scorbutici
alle grinfie
di demoni sospirosi
te li
sei scrollati, e ora sembrano
scaramucce, solide
babbucce,
gomme e gomitoli...
e i tuoi spaghi
ancora penderanno, da una guglia
che
da secoli è cava, e cade
lemme lemme:
beh, comunque
la tua nave chioccia
si sbraccia sulle onde,
slava e straccia
le ostili rocce,
comunque balza
la tua
sonnacchiosa gara:
verso il basso e una media
altezza: comunque il tuo nuovo
plastico spalto
ferisce gli scaltri
occhi degli astri














VUOTO E PIANO


Il vuoto e il pieno
di assolati silenzi
ho tastato sulla mia
spalmata ombra:
rigoroso, ora attendo,
nell'insensibile moto
di un tuo timore escluso,
e seguo il tuo
inseguimento verticale,
là dove fibrillazioni
di sguardi
nei tuoi occhi lievi,
tacciono ogni perché.






IL BACIO SCONOSCIUTO DI DIO

Questo bacio sconosciuto, è il tuo, Dio
vicino, tanto che
ancora l’ho amato,
ancora l'amerò,
con un gesto perso nel vuoto,
preso: a volte reso, a volte
donato: bacio gustato
come un paracadute sull’abisso:
suono
di dolci feste senza esclusi,
di gioie
senza perimetri: vicinanza
fuggevole di un Dio
che, come un tirso mozzo
cresce
tra lievitati continenti di
un’altra culla, su un’altra
ruota,
di argenti
senza costa: tu inizialmente
solo, poi sgomentato da ficcanti
chissà chi: ricini, beceri, diaconi,
saturi, bisturi, efebi: ed era il sorriso
nascosto di Dio, a darti bracciate
fra impigli di alghe, e fiocine
e dure acque limacciose: Dio,
sorvolante
sull'aspetto di ogni cosa: l'unico
redimibile
dall’indifferenza, lontano
compagno
nella mia accesa vigna.



LE COROLLE DI PACE



Corolle di pace,

giardini
fra le tue parole, culle
di miei pendii esposti,
di città musicali: a voi vorrei
abbracciarmi e stare
sospeso, chiedervi
anche solo una nuvola
azzoppata del vostro cielo,
un mirtillo del vostro folto
cespuglio:
a voi che sapete vedere
oltre un lembo di gelo,
un cuore assopito,
una torcia di colore,
un uovo che si sveglia
già con il suono

dei tuoi occhi





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